VIESTE - Due arresti con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Questa la motivazione dell'ordinanza di custodia cautelare per Angelo Notarangelo, 34 anni, considerato uno dei boss della mafia garganica, già in carcere a Trapani dal 13 aprile scorso per altri reati, e al suo braccio destro, Marco Raduano, di 28 anni, bloccato nella sua abitazione.
Ad entrambi nel maggio scorso, su richiesta della Dda di Bari, erano stati sequestrati beni mobili e immobili per un valore di oltre dieci milioni di euro (30 immobili, un bar, una concessionaria di auto usate, quote societarie, tre vetture e una moto).
I due sono accusati di aver messo a segno una estorsione ai danni di un imprenditore del settore dei videogiochi.
Secondo la ricostruzione investigativa, la vittima è stata presa di mira nel 2007, quando Notarangelo e Raduano lo minacciarono. "O paghi o facciamo il giro dei tuoi clienti offrendo i nostri videogiochi": il messaggio era chiaro, visto che i bar di fronte all'intimidazione avrebbero ceduto alle pretese che oltretutto non comportavano un aggravio di spese. Questo in un primo momento naturalmente. La minaccia non ottenne effetto ma dopo qualche tempo Notarangelo e Raduano, secondo l'accusa, cominciarono a contattare i clienti dell'imprenditore per imporre loro il noleggio delle loro macchinette. Di fronte al pericolo concreto di perdere tutta la clientela, l'imprenditore nella primavera del 2008 decise di cedere, pagando un pizzo mensile di 800 euro, 9600 euro all'anno.
Nel settembre 2010, dopo un'estate avara di guadagni, l'uomo - sempre secondo i verbali che riassumono la vicenda - chiese a Notarangelo uno sconto.
La risposta di Notarangelo fu l'incendio di tre auto incendiate. E in più rubarono un camion alla vittima, restituito solo dopo il pagamento della rata.
Di qui la scelta di denunciare i suoi estorsori.
Per presentare i dettagli dell'operazione è stata indetta una conferenza stampa con i vertici della Dia presso il comando provinciale dei carabinieri.
"Il Gargano era forse non casualmente dimenticato dal sistema dell'informazione, dallo Stato e dall'opinione pubblica - ha detto in buona sostanza il procuratore della Dda di Bari, Antonio Laudati, illustrando i particolari dell'inchiesta - Negli ultimi 33 anni sul Gargano ci sono stati circa 140 omicidi, ci sono stati cimiteri di mafia, ci sono state centinaia e centinaia di estorsioni, atti dinamitardi, rapine. Una sorta di guerra. Certo, non sono ancora numeri paragonabili alla Sicilia e alla Campania e alla Calabria ma lì parliamo di tradizioni malavitose secolari che hanno a che fare con una decina di milioni di persone".
Poi Laudati ha puntato dritto al cuore del problema, la sottovalutazione collettiva del fenomeno che ha interessato sia il sistema repressivo delle forze dell'ordine che il mondo della politica e dell'informazione.
"Nel Distretto di Bari - ha aggiunto il magistrato - nel 2010 ci sono stati 55 omicidi, buona parte dei quali avvenuti a Foggia. Sono numeri che fanno paura. Malgrado quest'aggressività criminale c'è stata per anni una tesi negazionista per cui non si poteva parlare di criminalità organizzata, di metodi di mafia. Per anni si è continuato a ripetere che si trattava solo di pastori che si uccidevano tra di loro. Il risultato? Il tribunale della mafia ha funzionato molto più efficientemente del tribunale della Repubblica Italiana. Invece un merito che va ascritto all'apparato delle forze dello Stato è di aver posto un'attenzione specifica su questo territorio. Oggi c'è un arresto di due malviventi ma è molto più importante che rispetto al passato alcuni imprenditori hanno alzato la testa e denunciato il racket delle estorsioni mafiose. E' un segnale importante".
15 novembre 2011